
Quando stiamo bene rischiamo di più e spesso ci esponiamo anche di più. Siamo esuberanti, curiosi, esplorativi perché l’energia dello stare bene muove verso l’esterno. Quando stiamo male invece vogliamo una cosa simile e diversa insieme. Ci fa piacere sentire gli altri vicini. Anzi ci fa piacere che si avvicinino a noi, più che andare noi verso gli altri.
Quel movimento, quel gesto di prossimità che l’altro fa nei nostri confronti, allevia qualsiasi dolore perchè rompe la paura che il nostro star male ci isoli dagli altri. La paura che i nostri disagi ci rendano indesiderabili.
Così può bastare il semplice gesto di farsi vicini perchè inizi una sorta di guarigione. Una guarigione che significa “mi interessi”. La ferita opposta, il sentire che non interessiamo più, è così profonda, che siamo assetati di vicinanza. La minaccia peggiore – la paura più grande – è quella di non appartenere a nessuno.
Abbiamo bisogno di appartenere. Di sentire che siamo in coppia, in gruppo, in famiglia. Che qualcosa di più grande ci circonda e sostiene con la semplice presenza. Perchè guarire – qualunque sia la malattia – è sempre fatto di due passi avanti e uno indietro. Il passo indietro lo facciamo per essere sicuri che ci sia qualcuno su cui contare. È così che andiamo avanti.
Purtroppo spesso ci frega l’impazienza, nostra e altrui. Vorremmo guarire prima, più in fretta. Possiamo anche accettare di stare male ma non di metterci del tempo a stare meglio. Quello è piuttosto inopportuno. Va bene non essere perfetti (oppure va bene essere stati abbandonati, essersi ammalati, essersi persi) ma anche lenti è troppo!
Così quando ci arrabbiamo con noi stessi perchè non superiamo più velocemente le cose, ricordiamoci che quel cammino è fatto da due passi avanti e un passo indietro. Scopriremo che l’unico modo per renderlo più veloce è accettare il suo ritmo. Non rimproverarci perchè siamo ancora coinvolti ma accettarci perchè abbiamo il nostro ritmo di guarigione. Ascoltarlo lo rende più vitale. Spingerci diventa un modo per rendere la nostra ferita più amara.
Accettarsi è una specie di coraggio: un coraggio quieto. Significa incontrare la vita per come siamo, completamente, essendo aperti a come questo ci dà forma, proprio come l’onda disegna la spiaggia. Mark Nepo
Pratica di Mindfulness: Ascoltare profondamente
© Nicoletta Cinotti 2017 Verso una accettazione radicale
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