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Reparenting

11/11/2022 by Claudia Di Dio

Genitori di sé stessi:
1. Conteniamo moltitudini
2. Le parti esiliate
3. Tornare a casa

Forse sarà capitato anche a te di rispondere reattivamente in qualche situazione senza nemmeno sapere bene perché ( e senza riuscire a fermarti in tempo). Oppure ti sarà successo di notare che in certi contesti hai un comportamento diverso come se in alcuni luoghi fossi perfettamente in grado di fronteggiare la situazione e in altre situazioni fossi incapace di farlo.

Succede perchè la nostra personalità non è un insieme unitario. Assomiglia alla ruota di una bicicletta in cui tutti i raggi contribuiscono alla forza del centro, quello che trasmette il movimento.

Se togliessimo dei raggi alla nostra ruota non sarebbe più solida ma più fragile. la nostra personalità è così: formata da tante parti diverse che, se vengono integrate in un centro sono tutte in grado di essere delle risorse mentre se non sono integrate possono rendere la nostra andatura (e la nostra vita) molto più incerta e complessa.

In questo Endo esploreremo i raggi che contribuiscono alla forza della nostra ruota, Lavoreremo insieme perché ci sia possibile integrare parti diverse di noi e della nostra storia e per riportare al Sé – a casa – tutti gli aspetti della nostra esperienza.

 Buona pratica!

Una realtà non ci fu data e non c’è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile. […] La facoltà d’illuderci che la realtà d’oggi sia la sola vera, se da un canto ci sostiene, dall’altro ci precipita in un vuoto senza fine, perché la realtà d’oggi è destinata a scoprire l’illusione domani. E la vita non conclude. Non può concludere. Se domani conclude, è finita. Luigi Pirandello, Uno, nessuno, centomila

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. José Saramago

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Amore, Mindfulness e Relazione

10/11/2022 by Claudia Di Dio

Innamorarsi è zen.
L’amore è zoo.
Perdonare e perdonarsi.

Come mai temiamo l’intimità? Come mai ci nascondiamo dietro la maschera di quello che è privato e di quello che è pubblico, mostrabile agli altri, tagliando via l’intimità con noi? Forse non c’è una sola risposta ma c’è un unico grande tema e un sentimento che è trasversale. Un sentimento che costruisce la trama della nostra relazione con noi e con gli altri.

In. questo Endo partiremo dalla base: l’intimità. La svilupperemo nel rapporto con noi nella prima settimana di pratica.

La declineremo nel rapporto con gli altri e poi concluderemo con quell’atto nobile e negato che è perdonare e perdonarsi, dichiarare l’armistizio con la realtà e accettare che sono gli errori che indicano la nostra direzione di crescita.

Trovi l’accesso alle pratiche in calce a questa pagina, cioè in fondo. 

Buona pratica!

La timidezza è quando distogli lo sguardo da una cosa che vuoi. La vergogna è quando distogli lo sguardo da una cosa che non vuoi. Jonathan Safran Foer

 

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. José Saramago

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Emozioni difficili

09/11/2022 by Claudia Di Dio

La tigre assenza

Così, per farci compagnia iniziamo con due emozioni selvatiche: la paura e l’ansia. L’ansia è figlia della paura ma poi possono prendere strade diverse. Se da bambini la nostra paura non è stata consolata è possibile essere diventati più ansiosi degli altri ma la differenza fondamentale tra ansia e paura è il rapporto con il tempo. L’ansia è l’emozione del futuro. La paura può essere rivolta a qualcosa che abbiamo vissuto e che ci ha lasciato traumatizzati (passato), può essere rivolta a qualcosa che sta succedendo proprio ora oppure a qualcosa che succederà, senza ipotesi, in futuro. Perché se è solo un’ipotesi non riguarda più la paura ma l’ansia!

La chiamo “tigre assenza” perché possiamo essere spaventati anche per qualcosa che non c’è  e che non ci sarà mai  oppure possiamo provare paura anche per qualcosa che non c’è più ma è rimasto impresso nella memoria. L’ansia poi è la regina dell’assenza: vive al condizionale e prospera nell’ipotesi.

Praticare con l’ansia: primo video

Dietro ogni pensiero, dietro ogni azione c’è una intenzione. Senza intenzione non c’è azione. La giusta intenzione sta nell’interfaccia tra la mente e la nostra vita. È un fattore mentale che guida ogni cosa che pensiamo e facciamo e satura ogni momento della nostra vita. Gregory Kramer

Ansia e piacere

In parte l’ansia è un sentimento fisiologico: in alcune situazioni ci serve della carica in più per fare quello che desideriamo fare. La differenza sta in quanto è ampia la nostra finestra di tolleranza rispetto a questa emozione. Se abbiamo poca tolleranza dei suoi sintomi cercheremo di evitare tutto quello che può suscitarla e il cerchio delle nostre esperienze sarà delimitato dal confine della nostra paura. C’è una cosa però che in bioenergetica è centrale rispetto a questa emozione: paura e desiderio hanno la stessa radice. Abbiamo paura perché c’è una promessa di piacere, di gioia, di felicità che non crediamo sia alla nostra portata. Abbiamo paura perché il piacere ci costringe ad esporci e, esponendoci, ad essere più vulnerabili.

Così prima di evitare per ansia potremmo domandarci qual è il piacere a cui stiamo rinunciando e disegnare la mappa di questa rinuncia. Vale davvero la pena non correre il rischio di essere felici? È davvero un piacere, una gioia marginale quella a cui stiamo rinunciando per paura? Perché poi, quando attraversiamo l’ansia e scopriamo che il nostro grande nemico era nella mente e non nella realtà potremmo sentirci ingannati da noi stessi e credere che non possiamo fidarci proprio della persona con cui viviamo:noi.

L’ansia è come la luce del fuoco che proietta la nostra immagine rendendola gigantesca sulle pareti della caverna della mente. Spento il fuoco ci rendiamo conto che l’unica cosa davvero gigantesca era la forza della nostra paura, alimentata dai nostri pensieri sul futuro. Forse l’unica cosa che abbiamo veramente bisogno di fare per sconfiggere l’ansia è imparare a protendersi, a stare in quell’equilibrio instabile che trova il senso nell’incertezza del risultato, nella certezza del piacere.

Il piacere sta nel protendersi e nell’aprirsi e questo non è soltanto un atteggiamento mentale. L’atto di protendersi viene fatto con il corpo ed è bloccato da tensioni muscolari che limitano i movimenti. Questo spiega perché per molte persone il raggiungimento dei propri obiettivi non comporta piacere. Sono arrivati con lo sforzo di volontà e non con la capacità di protendersi. Ma senza protendersi, senza apertura non c’è piacere. Alexander Lowen

Praticare con l’ansia: secondo video

La tigre assenza

Ahi che la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
ha tutto divorato
di questo volto rivolto
a voi! La bocca sola
pura
prega ancora
voi: di pregare ancora
perché la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
non divori la bocca
e la preghiera…
Cristina Campo

Protendersi: una sessione di lavoro corporeo

         Esistere senza paura di vivere

Nel nostro lottare per far sì che la vita vada nella direzione che vorremmo, facciamo una gran fatica. La stessa fatica che facciamo quando tentiamo di cambiare qualcosa delle persone che amiamo. Questi tentativi di cambiamento richiedono sempre un grande sforzo perchè vanno contro qualcosa che già esiste. E prevengono il fare i conti con quello che già c’è. Ci illudono che potremmo andare avanti diversamente se solo le cose della nostra vita fossero diverse.

Una fatica immane: un ordine che non si assoggetta al nostro controllo. Dietro a questa fatica immane c’è una paura. Quella che Lowen chiamava paura di vivere. È la paura del divenire che è in noi. La stessa paura che ha il seme che deve attraversare il buio per germogliare.

È normale provarla, non richiede cure o medicine. Abbiamo solo bisogno di sapere che oltre la paura c’è anche la spinta al divenire, una spinta che a volte ostacoliamo proprio con gli sforzi che facciamo perchè le cose siano diverse da come sono. Così, forse, se ci rendiamo conto che cercando di cambiare le cose ostacoliamo il divenire, possiamo correre il rischio di lasciare che le cose siano come sono per aprirci anche a quella esperienza. Per esistere senza paura di vivere, per ricordarci che nessuno può prendere il nostro posto. Aspetta solo noi.

Se abbiamo paura di essere, di vivere possiamo mascherare questa paura intensificando il nostro fare. Più siamo occupati, meno tempo abbiamo disponibile per sentire, essere e vivere. E possiamo ingannare noi stessi credendo che il nostro fare sia essere e vivere. Alexander Lowen

La memoria del futuro

Può sembrare molto strano sentir parlare di memoria del futuro. Come se la memoria fosse solo riferita al nostro passato. In realtà non è così, entrambe – memoria del passato e memoria  del futuro – contribuiscono a dare un senso di continuità al nostro sé. Una continuità che nasce dalla consapevolezza di chi eravamo e dal protendersi verso chi saremo. Il dialogo amoroso tra queste due memorie restituisce una piena capacità espressiva: non siamo più chi eravamo ma impariamo da chi siamo stati e da questo apprendimento nasce la possibilità di esprimerci e di crescere.

 Ansia e depressione, oppure malattie fisiche, gettano inquietudine sulla nostra memoria del futuro e così non sappiamo più che direzione dare alla nostra vita. Temiamo quello che può accadere, incerti su di noi. Eppure tutti da bambini abbiamo sognato: abbiamo sognato il nostro futuro e abbiamo giocato immaginando cosa saremmo stati. Quella mente del principiante è ciò di cui abbiamo bisogno per riprendere un amorevole dialogo con la nostra memoria del futuro. Perché essere è anche diventare.

 La nostra tendenza è di interessarci a qualcosa che cresce nel giardino, non nella nuda terra in se stessa. Ma se vuoi avere un buon raccolto, la cosa più importante è rendere il terreno fertile e coltivarlo bene. Shunryu Suzuki

L’ansia catastrofica: terzo video

Autobiografia in 5 brevi capitoli

I

Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Ci cado.
Sono persa…Sono impotente.
Non è colpa mia.
Ci vorrà un’eternità per trovare come uscirne.

II

Cammino per la stessa strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Fingo di non vederla.
Ci ricado.
Non riesco a credere di essere nello stesso posto.
Ma non è colpa mia.
Ci vuole ancora molto tempo per uscirne.

III

Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Vedo che c’è.
Ci cado ancora… è un’abitudine.
I miei occhi sono aperti.
So dove sono.
È colpa mia.
Ne esco immediatamente.

IV

Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
La aggiro.

V

Cammino per un’altra strada.

©Portia Nelson

Una pratica da 5 minuti

Le difese sono l’altra faccia del pilota automatico: ci convincono che sia necessario proteggersi e ci fanno reagire velocemente, più velocemente possibile. A volte tanto velocemente che non ci rendiamo conto che non sarebbero stato necessario reagire. È importante riconoscere quando la paura attiva una difesa automatica. Le difese sono quattro: attacco, fuga, freezing o accondiscendenza. Fuga, freezing e accondiscendenza sono strettamente legate alla nostra sensazione di paura. Riconoscere i segnali fisici che strutturano nel corpo ci aiutano a tornare presenti. Lo facciamo con 4 passaggi: riconosciamo le sensazioni fisiche ed emotive, le nominiamo, permettiamo che ci siano e le lasciamo andare

Quando iniziamo ad osservare con più attenzione la nostra vita spesso scopriamo quanto il sentimento della paura sia diffuso. Quello che facciamo di solito con la paura è di proteggerci dal percepirla sopprimendola o separandoci dalle cose che ci fanno paura. Sentire paura non significa avere un problema. Saki Santorelli

 

Pratica sulla paura: primo video

Paura di vedere la macchina della polizia fermarsi davanti casa.
Paura di addormentarsi la notte.
Paura di non addormentarsi.
Paura del ritorno del passato.
Paura del presente che fugge.
Paura del telefono che squilla nel cuore della notte.
Paura delle tempeste elettriche.
Paura della signora delle pulizie con un neo sul viso!
Paura dei cani che mi hanno detto che non mordono.
Paura dell’ansia!
Paura di dover identificare il cadavere di un amico.
Paura di finire i soldi.
Paura di averne troppi, anche se a questo non ci crederanno mai.
Paura dei risultati dei test psicologici.
Paura di essere in ritardo e paura di arrivare prima degli altri.
Paura della calligrafia dei miei figli sulle buste.
Paura che muoiano prima di me e che mi sentirò in colpa.
Paura di dover vivere con mia madre anziana, anziano anch’io.
Paura della confusione.
Paura che questo giorno finisca su una brutta nota.
Paura di svegliarmi e scoprire che te ne sei andata.
Paura di non amare o di non amare abbastanza.
Paura che quel che amo risulterà letale per quelli che amo.
Paura della morte.
Paura di vivere troppo.
Paura della morte.
L’ho già detta.
Raymond Carver

Non rimpicciolirsi

Qualche anno fa, nel novembre del 1995, il violinista Itzhak Perlman si esibiva al Lincoln Center di New York. Perlman, a causa della poliomielite contratta da bambino, ha dei rinforzi nelle gambe e cammina a fatica con l’aiuto di due stampelle. Attraversare il palcoscenico e prepararsi a suonare, per lui, è già un compito arduo

Ma quando iniziò a suonare qualcosa andò storto. Una delle corde del violino si ruppe. La cosa più consueta sarebbe stata interrompersi e cambiare violino. Ma non lo fece.
Chiuse gli occhi per un momento, e poi accennò al direttore d’orchestra di ricominciare da dove si erano fermati. E suonò con passione, purezza e potere. Forse mai visti così in una sua esecuzione.

Tutti sanno che è impossibile suonare un brano sinfonico solo con tre corde.
Io lo so, e voi lo sapete, ma quella notte Itzhak Perlman si rifiutò di saperlo. Modulò, cambiò, scompose il pezzo sinfonico nella sua testa per adattarlo a quella mutata situazione.  Quando finì non ci fu un applauso ma un’ovazione, alla quale lui rispose dicendo: “Sapete, talvolta è compito dell’artista scoprire quanta musica può ancora creare con ciò che gli è rimasto!”.

Nella nostra vita siamo spesso nella sua stessa condizione. Le condizioni non sono le migliori, le cose non sono andate come previsto. Avremmo voluto qualcosa in più. O abbiamo la convinzione che sia necessario qualcosa che non abbiamo per compiere la nostra vita. Ma molto spesso il vero cambiamento non sta nell’aggiungere (o togliere) qualcosa. Sta nell’aprire quello che c’è e permettere che suoni nella nostra vita con tutta la passione, purezza e potere.
Le nostre scuse e le nostre giustificazioni rimpiccioliscono le nostre possibilità. Rimpiccioliscono noi. Sono le giustificazioni che ci rendono piccoli non le condizioni di difficoltà che incontriamo.
La vita molto spesso ci offre un violino con tre corde ma quello è ancora una meravigliosa e piena opportunità, se noi non la rimpiccioliamo. Se non decidiamo prima che cosa potremo o non potremo fare con quel violino. Proviamo a suonarlo con tutta la nostra passione prima di decidere che è da buttare.
È decisamente compito nostro scoprire quanta musica possiamo creare  con ciò che abbiamo.
Presta attenzione a tre segnali che si accompagnano alla presenza della paura: la fretta, il rimpicciolirsi, il ritirarsi. Ogni volta che li registri fai un gesto di contorto, di contatto.

Il tempo dell’ansia e della paura

L’ansia e la paura hanno un loro tempo. È un tempo sfasato che va dal rimandare a lungo, più a lungo possibile, all’avere fretta, tanta fretta, più fretta possibile. Perché l’ansia è davvero l’emozione del futuro: è quello che potrebbe succedere che ci tormenta. E la paura ci fa, invece, scappare. Così alterniamo dei momenti in cui per gestirla rimandiamo di fare quello che sarebbe necessario a dei momenti in cui, spinti dall’urgenza delle cose che abbiamo rimandato, diventiamo veloci.

C’è un altro segreto nella velocità : non vogliamo mettere a fuoco davvero come sono le cose perché ci spaventa. Così, nella frettolosità trascuriamo i particolari, non vediamo i dettagli perché la precisione fa balzare l’ansia alle stelle.  È un’emozione che può interferire sulle nostre decisioni, spingendoci a fare scelte che non sono ponderate ma smisurate. O meglio misurate sulla dimensione dell’ansia che proviamo. È in questo momento che praticare prima di decidere diventa davvero fondamentale. Visto che l’ansia ci rende irrequieti la prima cosa da fare è fare meditazione in movimento: cinque, dieci minuti di meditazione camminata e poi, dopo aver stabilizzato l’attenzione il panorama della mente che ci permette di guardare in modo diverso ai nostri pensieri.

Dopo, solo dopo, prendiamo la nostra decisione ma ricordiamoci una cosa importante: una volta deciso, qualunque sia la nostra decisione non continuiamo a nutrire il fuocherello dell’ansia con il suo vicino prossimo, il dubbio. Non sapremo mai se abbiamo fatto la scelta migliore ma possiamo sapere che abbiamo scelto quello che, in quel momento era possibile per noi.

La vera pratica di meditazione si occupa di come viviamo la nostra vita momento per momento. Jon Kabat-Zinn

 

Pratica sulla paura: secondo video

Solo resiste al tempo
quel che si fa
col tempo.
E quello che si fa
con l’eternità?
La poesia viene
quando restiamo
nell’inesauribile
compagnia della solitudine.
Viene come un sùbito
taglio, dove si mischiano
con fredda febbre,
sangue con sangue,
due separati
mondi.

Cristina Campo

La tigre assenza (Adelphi, 1991)

         ll rischio dell’ansia: fare troppo

Non è semplice trovare il giusto ritmo. Un ritmo che rispetti i nostri tempi e le necessità delle persone che amiamo. Ogni giorno cerco di trovare un equilibrio e tutti i giorni questo equilibrio cambia. In parte cambia perché cambiano le circostanze esterne. In parte cambia perché c’è un sentimento che regola la qualità e il ritmo della nostra cura. E questo sentimento si chiama ansia.

Se siamo molto ansiosi, o anche semplicemente se siamo ansiosi, rischiamo di fare troppo. A volte fare troppo è un modo, inconsapevole, per regolare la nostra ansia. Come se dentro di noi ci fosse una credenza implicita “Più fai e più sei al sicuro”. In realtà non è così e ce ne accorgiamo ben presto perché più facciamo e più è possibile sbagliare. Più sbagliamo e più ci sentiamo insicuri e l’insicurezza è un formidabile combustile per l’ansia. Se all’inizio siamo ansiosi 5, in una scala immaginaria di misura dell’ansia, dopo un errore siamo ansiosi 7 e dopo due errori siamo ansiosi 27…e così via, con un tasso incrementale di crescita dell’ansia che è peggio di una curva di contagio.

Allora che fare, in questo universo ansioso in cui viviamo? Come al solito la risposta è paradossale: fermarsi, riconoscere che siamo ansiosi. Per questo trovare un modo, formale o informale, per atterrare nel presente, è la cosa migliore che possiamo fare. Magari cerchiamo di fare un atterraggio morbido perchè il presente non sempre è facile. Forse è proprio per questo che lo evitiamo e scappiamo nel futuro.Abbiamo invece bisogno di dare piena attenzione a quello che già è presente. E per fare ciò nessun regalo può essere più prezioso della nostra attenzione. Per l’ansia non c’è terapia più efficace dell’attenzione, La mindfulness altro non è che una cura che utilizza la padronanza dell’attenzione. Se vogliamo una vita più piena e soddisfacente non abbiamo bisogno di fare di più: quando lo facciamo aumentiamo la possibilità di confonderci. Abbiamo bisogno di fare di meno e di essere presenti, nel presente, a quello che facciamo.

La paura di sbagliare nasce dalla vergogna che siamo abituati a provare davanti agli errori, come se noi fossimo i soli a sbagliare, come se dovessimo nascere “già imparati”. Oppure, a volte, evitiamo di metterci in situazioni nuove per evitare l’ansia che queste ci provocherebbe: in questo modo la nostra possibilità di imparare rimane schiacciata tra vergogna e ansia, e nessuna delle due è una buona compagnia. da Mindfulness in cinque minuti

Il viaggio non finisce …

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. José Saramago

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Emozioni selvatiche – Terzo Endo

26/03/2022 by nicoletta cinotti

Genitori di sé stessi:

1. Conteniamo moltitudini

2. Le parti esiliate

3. Tornare a casa

 

 

Forse sarà capitato anche a te di rispondere reattivamente in qualche situazione senza nemmeno sapere bene perché ( e senza riuscire a fermarti in tempo). Oppure ti sarà successo di notare che in certi contesti hai un comportamento diverso come se in alcuni luoghi fossi perfettamente in grado di fronteggiare la situazione e in altre situazioni fossi incapace di farlo.

Succede perchè la nostra personalità non è un insieme unitario. Assomiglia alla ruota di una bicicletta in cui tutti i raggi contribuiscono alla forza del centro, quello che trasmette il movimento.

Se togliessimo dei raggi alla nostra ruota non sarebbe più solida ma più fragile. la nostra personalità è così: formata da tante parti diverse che, se vengono integrate in un centro sono tutte in grado di essere delle risorse mentre se non sono integrate possono rendere la nostra andatura (e la nostra vita) molto più incerta e complessa.

In questo Endo esploreremo i raggi che contribuiscono alla forza della nostra ruota, Lavoreremo insieme perché ci sia possibile integrare parti diverse di noi e della nostra storia e per riportare al Sé – a casa – tutti gli aspetti della nostra esperienza.

 

Buona pratica!

Una realtà non ci fu data e non c’è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile. […] La facoltà d’illuderci che la realtà d’oggi sia la sola vera, se da un canto ci sostiene, dall’altro ci precipita in un vuoto senza fine, perché la realtà d’oggi è destinata a scoprire l’illusione domani. E la vita non conclude. Non può concludere. Se domani conclude, è finita. Luigi Pirandello, Uno, nessuno, centomila

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. José Saramago

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Mindfulness Lab

22/03/2022 by nicoletta cinotti

Mindfulness Lab

Sei incontri, con frequenza settimanale

il giovedì mattina dalle 8.30 alle 9.30 a partire dal 24 marzo

Calendario incontri

  • 24 Marzo 8.30 – 9.30
  • 31 Marzo 8.30 – 9.30
  • 7 Aprile    8.30 – 9.30
  • 14 Aprile  8.30 – 9.30
  • 21 Aprile  8.30 – 9.30
  • 28 Aprile   8.30 – 10

Link zoom https://us06web.zoom.us/j/87065017007?pwd=ZEEydGtEVEpqNTk5dGVjcTdiMU5Vdz09

Calendario incontri

  • 24 Marzo 8.30 – 9.30
  • 31 Marzo 8.30 – 9.30
  • 7 Aprile    8.30 – 9.30
  • 14 Aprile  8.30 – 9.30
  • 21 Aprile  8.30 – 9.30
  • 28 Aprile   8.30 – 10

 

Programma

  • Uscire dal pilota automatico
  • La consapevolezza 
  • Consapevolezza e pensieri
  • Consapevolezza del corpo
  • Dialogo interno
  • La pratica formale e informale

Requisiti

  • Spegnere il cellulare
  • Abbigliamento comodo
  • Stare dall’inizio alla fine
  • Sperimentare nella vita quotidiana
  • Tempi brevi di pratica
  • La pratica formale e informale

Archiviato in:mindfulness, Mindfulness in azienda

Emozioni selvatiche – Secondo endo

06/01/2022 by nicoletta cinotti

Innamorarsi è zen.

L’amore è zoo.

Perdonare e perdonarsi

Come mai temiamo l’intimità? Come mai ci nascondiamo dietro la maschera di quello che è privato e di quello che è pubblico, mostrabile agli altri, tagliando via l’intimità con noi? Forse non c’è una sola risposta ma c’è un unico grande tema e un sentimento che è trasversale. Un sentimento che costruisce la trama della nostra relazione con noi e con gli altri.

In. questo Endo partiremo dalla base: l’intimità. La svilupperemo nel rapporto con noi nella prima settimana di pratica. 

La declineremo nel rapporto con gli altri e poi concluderemo con quell’atto nobile e negato che è perdonare e perdonarsi, dichiarare l’armistizio con la realtà e accettare che sono gli errori che indicano la nostra direzione di crescita. 

Le pratiche verranno registrate live e poi caricate nella settimana relativa. Per questa ragione ti troverai a percorrere il percorso in ordine cronologico sia che tu lo segua live o registrato. Trovi l’accesso alle settimane in calce a questa pagina, cioè in fondo. Inutile cercare di entrare prima dell’inizio: troverai la porta chiusa! La pagina del corso rimarrà a tua disposizione anche dopo la fine del corso.

 

Buona pratica!

La timidezza è quando distogli lo sguardo da una cosa che vuoi. La vergogna è quando distogli lo sguardo da una cosa che non vuoi. Jonathan Safran Foer

 

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. José Saramago

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Emozioni selvatiche – Primo endo

27/09/2021 by nicoletta cinotti

La tigre assenza Ottobre 2021

 

 

Così, per farci compagnia iniziamo con due emozioni selvatiche: la paura e l’ansia. L’ansia è figlia della paura ma poi possono prendere strade diverse. Se da bambini la nostra paura non è stata consolata è possibile essere diventati più ansiosi degli altri ma la differenza fondamentale tra ansia e paura è il rapporto con il tempo. L’ansia è l’emozione del futuro. La paura può essere rivolta a qualcosa che abbiamo vissuto e che ci ha lasciato traumatizzati (passato), può essere rivolta a qualcosa che sta succedendo proprio ora oppure a qualcosa che succederà, senza ipotesi, in futuro. Perché se è solo un’ipotesi non riguarda più la paura ma l’ansia!

La chiamo “tigre assenza” perché possiamo essere spaventati anche per qualcosa che non c’è  e che non ci sarà mai  oppure possiamo provare paura anche per qualcosa che non c’è più ma è rimasto impresso nella memoria. L’ansia poi è la regina dell’assenza: vive al condizionale e prospera nell’ipotesi

 

Praticare con l’ansia: primo video

Dietro ogni pensiero, dietro ogni azione c’è una intenzione. Senza intenzione non c’è azione. La giusta intenzione sta nell’interfaccia tra la mente e la nostra vita. È un fattore mentale che guida ogni cosa che pensiamo e facciamo e satura ogni momento della nostra vita. Gregory Kramer

         Ansia e piacere

In parte l’ansia è un sentimento fisiologico: in alcune situazioni ci serve della carica in più per fare quello che desideriamo fare. La differenza sta in quanto è ampia la nostra finestra di tolleranza rispetto a questa emozione. Se abbiamo poca tolleranza dei suoi sintomi cercheremo di evitare tutto quello che può suscitarla e il cerchio delle nostre esperienze sarà delimitato dal confine della nostra paura. C’è una cosa però che in bioenergetica è centrale rispetto a questa emozione: paura e desiderio hanno la stessa radice. Abbiamo paura perché c’è una promessa di piacere, di gioia, di felicità che non crediamo sia alla nostra portata. Abbiamo paura perché il piacere ci costringe ad esporci e, esponendoci, ad essere più vulnerabili.

Così prima di evitare per ansia potremmo domandarci qual è il piacere a cui stiamo rinunciando e disegnare la mappa di questa rinuncia. Vale davvero la pena non correre il rischio di essere felici? È davvero un piacere, una gioia marginale quella a cui stiamo rinunciando per paura? Perché poi, quando attraversiamo l’ansia e scopriamo che il nostro grande nemico era nella mente e non nella realtà potremmo sentirci ingannati da noi stessi e credere che non possiamo fidarci proprio della persona con cui viviamo:noi.

L’ansia è come la luce del fuoco che proietta la nostra immagine rendendola gigantesca sulle pareti della caverna della mente. Spento il fuoco ci rendiamo conto che l’unica cosa davvero gigantesca era la forza della nostra paura, alimentata dai nostri pensieri sul futuro. Forse l’unica cosa che abbiamo veramente bisogno di fare per sconfiggere l’ansia è imparare a protendersi, a stare in quell’equilibrio instabile che trova il senso nell’incertezza del risultato, nella certezza del piacere.

Il piacere sta nel protendersi e nell’aprirsi e questo non è soltanto un atteggiamento mentale. L’atto di protendersi viene fatto con il corpo ed è bloccato da tensioni muscolari che limitano i movimenti. Questo spiega perché per molte persone il raggiungimento dei propri obiettivi non comporta piacere. Sono arrivati con lo sforzo di volontà e non con la capacità di protendersi. Ma senza protendersi, senza apertura non c’è piacere. Alexander Lowen

Praticare con l’ansia: secondo video

La tigre assenza

Ahi che la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
ha tutto divorato
di questo volto rivolto
a voi! La bocca sola
pura
prega ancora
voi: di pregare ancora
perché la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
non divori la bocca
e la preghiera…
Cristina Campo

Protendersi: una sessione di lavoro corporeo

         Esistere senza paura di vivere

Nel nostro lottare per far sì che la vita vada nella direzione che vorremmo, facciamo una gran fatica. La stessa fatica che facciamo quando tentiamo di cambiare qualcosa delle persone che amiamo.  Questi tentativi di cambiamento richiedono sempre un grande sforzo perchè vanno contro qualcosa che già esiste. E prevengono il fare i conti con quello che già c’è. Ci illudono che potremmo andare avanti diversamente se solo le cose della nostra vita fossero diverse.

Una fatica immane: un ordine che non si assoggetta al nostro controllo. Dietro a questa fatica immane c’è una paura. Quella che Lowen chiamava paura di vivere. È la paura del divenire che è in noi. La stessa paura che ha il seme che deve attraversare il buio per germogliare.

È normale provarla, non richiede cure o medicine. Abbiamo solo bisogno di sapere che oltre la paura c’è anche la spinta al divenire, una spinta che a volte ostacoliamo proprio con gli sforzi che facciamo perchè le cose siano diverse da come sono. Così, forse, se ci rendiamo conto che cercando di cambiare le cose ostacoliamo il divenire, possiamo correre il rischio di lasciare che le cose siano come sono per aprirci anche a quella esperienza. Per esistere senza paura di vivere, per ricordarci che nessuno può prendere il nostro posto. Aspetta solo noi.

Se abbiamo paura di essere, di vivere possiamo mascherare questa paura intensificando il nostro fare. Più siamo occupati, meno tempo abbiamo disponibile per sentire, essere e vivere. E possiamo ingannare noi stessi credendo che il nostro fare sia essere e vivere. Alexander Lowen

La memoria del futuro

 

Può sembrare molto strano sentir parlare di memoria del futuro. Come se la memoria fosse solo riferita al nostro passato. In realtà non è così, entrambe – memoria del passato e memoria  del futuro – contribuiscono a dare un senso di continuità al nostro sé. Una continuità che nasce dalla consapevolezza di chi eravamo e dal protendersi verso chi saremo. Il dialogo amoroso tra queste due memorie restituisce una piena capacità espressiva: non siamo più chi eravamo ma impariamo da chi siamo stati e da questo apprendimento nasce la possibilità di esprimerci e di crescere.

 

Ansia e depressione, oppure malattie fisiche, gettano inquietudine sulla nostra memoria del futuro e così non sappiamo più che direzione dare alla nostra vita. Temiamo quello che può accadere, incerti su di noi. Eppure tutti da bambini abbiamo sognato: abbiamo sognato il nostro futuro e abbiamo giocato immaginando cosa saremmo stati. Quella mente del principiante è ciò di cui abbiamo bisogno per riprendere un amorevole dialogo con la nostra memoria del futuro. Perché essere è anche diventare.

 

La nostra tendenza è di interessarci a qualcosa che cresce nel giardino, non nella nuda terra in se stessa. Ma se vuoi avere un buon raccolto, la cosa più importante è rendere il terreno fertile e coltivarlo bene. Shunryu Suzuki

L’ansia catastrofica: terzo video.

Autobiografia in 5 brevi capitoli
I

Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Ci cado.
Sono persa…Sono impotente.
Non è colpa mia.
Ci vorrà un’eternità per trovare come uscirne.

II

Cammino per la stessa strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Fingo di non vederla.
Ci ricado.
Non riesco a credere di essere nello stesso posto.
Ma non è colpa mia.
Ci vuole ancora molto tempo per uscirne.

III

Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Vedo che c’è.
Ci cado ancora… è un’abitudine.
I miei occhi sono aperti.
So dove sono.
E’ colpa mia.
Ne esco immediatamente.

IV

Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
La aggiro.

V

Cammino per un’altra strada.

©Portia Nelson

         Una pratica da 5 minuti

Le difese sono l’altra faccia del pilota automatico: ci convincono che sia necessario proteggersi e ci fanno reagire velocemente, più velocemente possibile. A volte tanto velocemente che non ci rendiamo conto che non sarebbero stato necessario reagire. È importante riconoscere quando la paura attiva una difesa automatica. Le difese sono quattro: attacco, fuga, freezing o accondiscendenza. Fuga, freezing e accondiscendenza sono strettamente legate alla nostra sensazione di paura. Riconoscere i segnali fisici che strutturano nel corpo ci aiutano a tornare presenti. Lo facciamo con 4 passaggi: riconosciamo le sensazioni fisiche ed emotive, le nominiamo, permettiamo che ci siano e le lasciamo andare

Quando iniziamo ad osservare con più attenzione la nostra vita spesso scopriamo quanto il sentimento della paura sia diffuso. Quello che facciamo di solito con la paura è di proteggerci dal percepirla sopprimendola o separandoci dalle cose che ci fanno paura. Sentire paura non significa avere un problema. Saki Santorelli

 

 

Pratica sulla paura: primo video

Paura di vedere la macchina della polizia fermarsi davanti casa.
Paura di addormentarsi la notte.
Paura di non addormentarsi.
Paura del ritorno del passato.
Paura del presente che fugge.
Paura del telefono che squilla nel cuore della notte.
Paura delle tempeste elettriche.
Paura della signora delle pulizie con un neo sul viso!
Paura dei cani che mi hanno detto che non mordono.
Paura dell’ansia!
Paura di dover identificare il cadavere di un amico.
Paura di finire i soldi.
Paura di averne troppi, anche se a questo non ci crederanno mai.
Paura dei risultati dei test psicologici.
Paura di essere in ritardo e paura di arrivare prima degli altri.
Paura della calligrafia dei miei figli sulle buste.
Paura che muoiano prima di me e che mi sentirò in colpa.
Paura di dover vivere con mia madre anziana, anziano anch’io.
Paura della confusione.
Paura che questo giorno finisca su una brutta nota.
Paura di svegliarmi e scoprire che te ne sei andata.
Paura di non amare o di non amare abbastanza.
Paura che quel che amo risulterà letale per quelli che amo.
Paura della morte.
Paura di vivere troppo.
Paura della morte.
L’ho già detta.
Raymond Carver

Non rimpicciolirsi

Qualche anno fa, nel novembre del 1995, il violinista Itzhak Perlman si esibiva al Lincoln Center di New York. Perlman, a causa della poliomielite contratta da bambino, ha dei rinforzi nelle gambe e cammina a fatica con l’aiuto di due stampelle. Attraversare il palcoscenico e prepararsi a suonare, per lui, è già un compito arduo

Ma quando iniziò a suonare qualcosa andò storto. Una delle corde del violino si ruppe. La cosa più consueta sarebbe stata interrompersi e cambiare violino. Ma non lo fece.
Chiuse gli occhi per un momento, e poi accennò al direttore d’orchestra di ricominciare da dove si erano fermati. E suonò con passione, purezza e potere. Forse mai visti così in una sua esecuzione.

Tutti sanno che è impossibile suonare un brano sinfonico solo con tre corde.
Io lo so, e voi lo sapete, ma quella notte Itzhak Perlman si rifiutò di saperlo. Modulò, cambiò, scompose il pezzo sinfonico nella sua testa per adattarlo a quella mutata situazione.  Quando finì non ci fu un applauso ma un’ovazione, alla quale lui rispose dicendo: “Sapete, talvolta è compito dell’artista scoprire quanta musica può ancora creare con ciò che gli è rimasto!”.

Nella nostra vita siamo spesso nella sua stessa condizione. Le condizioni non sono le migliori, le cose non sono andate come previsto. Avremmo voluto qualcosa in più. O abbiamo la convinzione che sia necessario qualcosa che non abbiamo per compiere la nostra vita. Ma molto spesso il vero cambiamento non sta nell’aggiungere (o togliere) qualcosa. Sta nell’aprire quello che c’è e permettere che suoni nella nostra vita con tutta la passione, purezza e potere.
Le nostre scuse e le nostre giustificazioni rimpiccioliscono le nostre possibilità. Rimpiccioliscono noi. Sono le giustificazioni che ci rendono piccoli non le condizioni di difficoltà che incontriamo.
La vita molto spesso ci offre un violino con tre corde ma quello è ancora una meravigliosa e piena opportunità, se noi non la rimpiccioliamo. Se non decidiamo prima che cosa potremo o non potremo fare con quel violino. Proviamo a suonarlo con tutta la nostra passione prima di decidere che è da buttare.
È decisamente compito nostro scoprire quanta musica possiamo creare  con ciò che abbiamo.
Presta attenzione a tre segnali che si accompagnano alla presenza della paura: la fretta, il rimpicciolirsi, il ritirarsi. Ogni volta che li registri fai un gesto di contorto, di contatto.

         Il tempo dell’ansia e della paura

L’ansia e la paura hanno un loro tempo. È un tempo sfasato che va dal rimandare a lungo, più a lungo possibile, all’avere fretta, tanta fretta, più fretta possibile. Perché l’ansia è davvero l’emozione del futuro: è quello che potrebbe succedere che ci tormenta. E la paura ci fa, invece, scappare. Così alterniamo dei momenti in cui per gestirla rimandiamo di fare quello che sarebbe necessario a dei momenti in cui, spinti dall’urgenza delle cose che abbiamo rimandato, diventiamo veloci.

C’è un altro segreto nella velocità : non vogliamo mettere a fuoco davvero come sono le cose perché ci spaventa. Così, nella frettolosità trascuriamo i particolari, non vediamo i dettagli perché la precisione fa balzare l’ansia alle stelle.  È un’emozione che può interferire sulle nostre decisioni, spingendoci a fare scelte che non sono ponderate ma smisurate. O meglio misurate sulla dimensione dell’ansia che proviamo. È in questo momento che praticare prima di decidere diventa davvero fondamentale. Visto che l’ansia ci rende irrequieti la prima cosa da fare è fare meditazione in movimento: cinque, dieci minuti di meditazione camminata e poi, dopo aver stabilizzato l’attenzione il panorama della mente che ci permette di guardare in modo diverso ai nostri pensieri.

Dopo, solo dopo, prendiamo la nostra decisione ma ricordiamoci una cosa importante: una volta deciso, qualunque sia la nostra decisione non continuiamo a nutrire il fuocherello dell’ansia con il suo vicino prossimo, il dubbio. Non sapremo mai se abbiamo fatto la scelta migliore ma possiamo sapere che abbiamo scelto quello che, in quel momento era possibile per noi.

La vera pratica di meditazione si occupa di come viviamo la nostra vita momento per momento. Jon Kabat-Zinn

 

Pratica sulla paura: secondo video

Solo resiste al tempo
quel che si fa
col tempo.
E quello che si fa
con l’eternità?
La poesia viene
quando restiamo
nell’inesauribile
compagnia della solitudine.
Viene come un sùbito
taglio, dove si mischiano
con fredda febbre,
sangue con sangue,
due separati
mondi.

Cristina Campo

La tigre assenza (Adelphi, 1991)

         ll rischio dell’ansia: fare troppo

Non è semplice trovare il giusto ritmo. Un ritmo che rispetti i nostri tempi e le necessità delle persone che amiamo. Ogni giorno cerco di trovare un equilibrio e tutti i giorni questo equilibrio cambia. In parte cambia perché cambiano le circostanze esterne. In parte cambia perché c’è un sentimento che regola la qualità e il ritmo della nostra cura. E questo sentimento si chiama ansia.

Se siamo molto ansiosi, o anche semplicemente se siamo ansiosi, rischiamo di fare troppo. A volte fare troppo è un modo, inconsapevole, per regolare la nostra ansia. Come se dentro di noi ci fosse una credenza implicita “Più fai e più sei al sicuro”. In realtà non è così e ce ne accorgiamo ben presto perché più facciamo e più è possibile sbagliare. Più sbagliamo e più ci sentiamo insicuri e l’insicurezza è un formidabile combustile per l’ansia. Se all’inizio siamo ansiosi 5, in una scala immaginaria di misura dell’ansia, dopo un errore siamo ansiosi 7 e dopo due errori siamo ansiosi 27…e così via, con un tasso incrementale di crescita dell’ansia che è peggio di una curva di contagio.

Allora che fare, in questo universo ansioso in cui viviamo? Come al solito la risposta è paradossale: fermarsi, riconoscere che siamo ansiosi. Per questo trovare un modo, formale o informale, per atterrare nel presente, è la cosa migliore che possiamo fare. Magari cerchiamo di fare un atterraggio morbido perchè il presente non sempre è facile. Forse è proprio per questo che lo evitiamo e scappiamo nel futuro.Abbiamo invece bisogno di dare piena attenzione a quello che già è presente. E per fare ciò nessun regalo può essere più prezioso della nostra attenzione. Per l’ansia non c’è terapia più efficace dell’attenzione, La mindfulness altro non è che una cura che utilizza la padronanza dell’attenzione. Se vogliamo una vita più piena e soddisfacente non abbiamo bisogno di fare di più: quando lo facciamo aumentiamo la possibilità di confonderci. Abbiamo bisogno di fare di meno e di essere presenti, nel presente, a quello che facciamo.

La paura di sbagliare nasce dalla vergogna che siamo abituati a provare davanti agli errori, come se noi fossimo i soli a sbagliare, come se dovessimo nascere “già imparati”. Oppure, a volte, evitiamo di metterci in situazioni nuove per evitare l’ansia che queste ci provocherebbe: in questo modo la nostra possibilità di imparare rimane schiacciata tra vergogna e ansia, e nessuna delle due è una buona compagnia. da Mindfulness in cinque minuti

La tigre di carta: la rabbia e la vergogna dall’8 al 12 Novembre 2021

Il viaggio non finisce …

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. José Saramago

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Il Protocollo di Mindful Self Compassion

13/09/2021 by nicoletta cinotti

Mindful Self Compassion

La Self-compassion riguarda il trattare sé stessi con la stessa attenzione che avremmo per un amico in difficoltà. La cultura occidentale mette grande enfasi sulla gentilezza nei confronti degli altri – vicini, familiari, colleghi – ma non c’è altrettanta attenzione alla gentilezza nei confronti di sé stessi.

Attraverso la self-compassion possiamo diventare i nostri migliori amici e alleati, anziché nemici di noi stessi.

Nel corso si impareranno 7 meditazioni, 20 pratiche informali e 14 esercizi che serviranno a portare la consapevolezza e la compassione nella vita di tutti i giorni. L’obiettivo, per ognuno è quello di diventare il miglior maestro di sé stesso, chiedendosi, “Cosa funziona per me?”

Prendersi cura del proprio corpo

Cerchiamo di stare al meglio in molte aree della nostra vita ma, a volte, dimentichiamo la più importante: il nostro corpo. Il nostro senso di sé è identificato nel corpo e il nostro aspetto fisico ha molto impatto rispetto a come ci sentiamo.

Una classe di lavoro corporeo

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Meditazione e poesia

11/07/2021 by nicoletta cinotti

Meditazione e poesia

La poesia è giardini immaginari con rospi veri dentro. Marianne Moore

Meditazione e poesia

33 pratiche guidate com una diversa poesia 6 video di accompagnamento teorico e 4 articoli per entrare dentro al dialogo tra meditazione e poesia

 

Unire meditazione e poesia

Ci sono diverse ragioni per cui associo meditazione e poesia. Una di queste ragioni, forse la più fondamentale, è che la nostra mente originaria è una mente che parla e comunica per metafore. Forse è proprio per questo che molte persone lamentano di “non capire la poesia”. In effetti le metafore non vanno capite ma vanno lasciate risuonare dentro di noi. La metafora è un linguaggio sonoro e immaginifico che ci permette di cambiare registro oppure ci lascia un po’ sospesi e disorientati. Quando siamo sospesi e disorientati abbiamo due possibilità di scelta: possiamo gustare questa nascita in un mondo nuovo ed esplorarlo oppure possiamo cercare prima possibile qualcosa di conosciuto. Allora chiudiamo la poesia e diciamo, “non capisco la poesia” ma, in realtà, in quel momento la poesia ci ha tolto quella certezza a cui eravamo appoggiati e questo non ci piace affatto. Eppure, proprio in quel momento, la poesia ci ha fatto anche un altro regalo: ci ha reso attenti e questo ci permette di dare valore ad ogni cosa.

La prima meditazione

 

Questi video fanno parte di una serie di pratiche condotte online che sono state successivamente ri-editate e organizzate in un corso che permetta di dare struttura all’utilizzo della poesia insieme alla meditazione. La poesia apre il registro sensoriale e la meditazione offre radicamenteo ed espansione a questa struttura. Buona pratica!

 

Erri De Luca

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.

Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.

Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.

Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

Opera sull’acqua e altre poesie (Einaudi, 2002)

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Mindfulness interpersonale

31/01/2021 by nicoletta cinotti

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Il protocollo MBSR online

18/01/2021 by nicoletta cinotti

Archiviato in:Protocollo MBSR

Il protocollo MBCT online

18/01/2021 by nicoletta cinotti

Archiviato in:Protocollo MBCT

Bioenergetica e Yoga: 10 classi di lavoro corporeo

27/10/2020 by nicoletta cinotti

Una totale attenzione al corpo

Entrambe, sia la bioenergetica che lo yoga, chiedono una totale attenzione al corpo. Perché, per entrambe, la consapevolezza corporea è fondamentale. È, infatti, la consapevolezza, il filo rosso che attraversa il corso, composto da 10 lezioni. In maniera progressiva lavoreremo sui 7 blocchi corporei che limitano il nostro respiro e gli ultimi tre incontri saranno dedicati all’integrazione corpo – mente.

La cosa più importante nello yoga – come nella bioenergetica – non è la flessibilità o la capacità di fare alcuni esercizi piuttosto complessi, quanto la consapevolezza. Questo offre anche un vantaggio: una attenzione focalizzata previene la possibilità di farsi male e permette una migliore comprensione della posizione.

 

[box] Praticare con totale attenzione al corpo è una forma avanzata di yoga, indipendentemente da quanto può essere facile la posizione. Praticare con una attenzione divisa è sempre una pratica da principiante, indipendentemente da quanto è difficile la posizione. David Coultier[/box]

Nella conduzione degli esercizi che vi proponiamo ognuno è responsabile di sé stesso, nel rispetto dei propri limiti corporei. Il corpo di ogni persona è diverso per ragioni genetiche, di età, di allenamento e tonicità muscolare: per questo nessun movimento va bene per tutti e ogni movimento va adattato al proprio corpo. Se eseguiti con rispetto dei propri limiti fisici, consapevolezza e presenza questi movimenti possono essere salutari.

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Meditazione e scrittura

17/09/2020 by nicoletta cinotti

Meditazione e scrittura

Con Nicoletta Cinotti

Crea nel tuo cuore un aratro e un seme

Ti racconto il corso in un video

Quando la vita ci disturba

Quand’è che iniziamo a sentire il bisogno di scrivere o di meditare? Quando la vita ci disturba perché è accaduto qualcosa che non vogliamo oppure perché non è accaduto qualcosa che volevamo tantissimo.In questo corso troverai esercizi di scrittura e pratiche che ti aiuteranno ad esplorare la connessione tra meditazione e scrittura nelle sue risonanze più psicologiche. La sofferenza è spesso una via d’entrata. È lì che diventiamo cercatori.
Iscrizione

Coltivare la mente sensoriale

Quando parliamo di consapevolezza spesso facciamo riferimento alle “cose che sappiamo su di noi” e che costituiscono la nostra biografia.

La nostra consapevolezza però è più ricca ed è formata dall’insieme di sensazioni fisiche, sensazioni emotive e pensieri.

In questo percorso potrai coltivare la tua mente sensoriale – quella che integra l’insieme delle sensazioni e non permette che le solite storie la facciano da padroni!

 

Inizia il corso
 

Quando mettere insieme meditazione e scrittura?

 

Può sembrare strano unire meditazione e scrittura. La prima si realizza nel silenzio, a occhi chiusi. La seconda si realizza ad occhi aperti. Entrambe si compiono nel silenzio ed è il silenzio il filo rosso che le unisce. Il silenzio semina e le parole raccolgono quello che il silenzio ha seminato. In questo corso imparerai gli strumenti base per questo raccolto.

 

Iscrizione


Come fare un Diario di pratica?



Come esplorare sé stessi?

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Come camminare nella nostra ricerca interiore?

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Come imparare a crescere senza autocritica?



Come coltivare la nostra creatività?

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Mindfulness

La prima sezione sarà dedicata a quattro pratiche basilari di meditazione mindfulness. È la pratica a cui faccio riferimento quando parlo di meditazione. Immagino che se hai deciso di fare questo corso sia abbastanza conosciuta per te ma se non la conoscessi queste quattro pratiche sono fondamentali: Lo spazio di respiro di tre minuti, la Consapevolezza aperta, il Body Scan e la Meditazione camminata. A queste pratiche aggiungo la Meditazione silenziosa, quella in cui siamo condotti solo dalla nostra voce. È la regina di tutte le pratiche e come tutte le regine chiede qualche attenzione particolare. Nel corso scoprirai come poter entrare dentro il regno del silenzio

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Scrivere la mente

In questa sezione esploreremo gli aspetti più psicologici della relazione tra meditazione e scrittura. Sarà un modo per approfondire il ruolo dei nostri pensieri, il modo con cui entriamo in relazione con l’esperienza e come si muovono i personaggi della nostra famiglia interiore.

Esploreremo quello che sostiene il nostro cambiamento e i suoi ostacoli – la nostra voce critica e quella suadente – ma, soprattutto il nostro modo di entrare in relazione con l’esperienza per imparare a fare delle nostre storie la nostra poesia.

O, forse, semplicemente, per riconoscere quali storie hanno dato origine alla nostra mente!

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Il Diario di pratica

Per molte persone scrivere qualche breve nota dopo la meditazione è una pratica nella pratica. A volte sono parole intuitive. A volte può essere il desiderio di non lasciar svanire le intuizioni che compaiono e che ci permettono di coltivare uno sguardo saggio e compassionevole su di noi e sulla nostra esperienza. Scrivere non è un modo per fermare: è un modo per dare spazio e valore alle intuizioni che accompagnano la nostra meditazione. È un modo perché ciò che sembra incerto e nascosto venga alla luce. in questo caso la pratica base è la Meditazione silenziosa che ci permette di raccogliere la nostra personale verità nuda e cruda.

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Quest, la ricerca interiore

In inglese la parola Quest indica la ricerca, una ricerca che è come il Sacro Graal, qualcosa che portiamo avanti per il beneficio nostro e di tutti gli esseri. È vero che la vita ci pone di fronte a domande essenziali e che Meditazione e scrittura possono diventare strumenti d’elezione per esplorare queste domande fondamentali senza lasciarsi trascinare dall’impulso a trovare facili soluzioni. Nel Medioevo “solutio” era la diluizione che permetteva agli alchimisti la trasformazione delle sostanze. la meditazione è una “solutio” che, permettendoci la scomposizione dei singoli componenti dell’esperienza la diluisce e ci permette la trasformazione.

Nicoletta Cinotti

Sono una persona che scrive perché ha un’insopprimibile desiderio di compagnia e un costante bisogno di solitudine. Meditazione e scrittura realizzano pienamente questa apparente contraddizione.

Lavoro come psicoterapeuta e mindfulness teacher conducendo protocolli Mindfulness da 15 anni – MBSR, MBCT, Mindfulness Interpersonale, Mindful parenting e Mindful Self compassion – e scrivo ogni mattina un post sul mio blog: un vero e proprio diario di pratica.  Non ho mai scritto una poesia ma la poesia mi ha insegnato a parlare e, per questo, uso spesso poesie durante le meditazioni che conduco. Nella prossima vita – anche se spero di finire tutto in questa – vorrei essere libera.

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Cosa dicono le persone che hanno partecipato

ai miei corsi

“Per me è stato molto importante e significativo per cui ti ringrazio davvero molto, te e il gruppo. Le cose che mi sono piaciute e che secondo me hanno funzionato molto bene sono state:

  • l’uso di poesie e visualizzazioni (molto efficaci per me) e anche gli spiegoni (per me non sono stati spiegoni anzi, ti avrei ascoltata a oltranza)
  • le registrazioni io le uso spesso per rifare meditazioni che sono particolarmente significative per me “

“Per quanto mi riguarda mi sono trovata molto bene per i contenuti e soprattutto per la tua presenza che ammiro e apprezzo sempre.
Stare con te è sempre un momento molto intimo, di crescita e di aiuto e posso dire che se la prima volta che ti ho incontrata avevo espresso di cercare un metodo per meditare anche nella giungla della vita e non solo in mezzo ad un bosco o in cima ad una montagna.

Ora ho buoni strumenti per farlo grazie!“

“Ti ho conosciuta su FB per caso,ho sempre atteso i tuoi articoli e le tue poesie,fino a quando sei diventata reale e ho potuto ascoltarti di persona un paio di volte. 

Ti sono profondamente grata per le tue parole, per la capacità di esprimere ciò che sentiamo, dandogli un senso, cercando di non aver paura di ciò che siamo e sentiamo.Amo la poesia, la cerco,ne ho bisogno,non solo quella in letteratura,ma nelle cose belle,nelle persone,nei luoghi ,nella natura”.

Non aspettare ancora.

Inizia a scrivere! 

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