
Ho qualche ossessione: non è una lista lunga ma non riesco a dormire se la porta dell’armadio non è chiusa e non riesco a scrivere se sulla scrivania ci sono le tazze vuote del giorno prima. Non riesco nemmeno ad uscire di casa lasciando confusione. Lo giustifico con la pratica zen “lascia la stanza come se non ci fossi stato”, in realtà so bene che lo facevo anche prima di iniziare a praticare. Nel tempo la lista delle mie piccole ossessioni si è sfoltita: ne rimangono poche. Le faccio velocemente, come se me ne vergognassi. O come se volessi sbrigare un incarico per essere poi libera di fare altro.
Le ossessioni sono così: non ammettono disobbedienza. Diventiamo tutt’uno con le nostre ossessioni. Sono un bell’esempio di come l’attenzione costruisce il nostro mondo interiore. Nascono da un eccesso di attenzione che ingigantisce un elemento fino a renderlo prioritario rispetto a tutto il resto. E, a quel punto, diventano anche una spinta all’azione. Un’azione che non ha il compito di aprirci il mondo. Ha piuttosto il compito di tenere a bada un pericolo immaginario: il disordine. L’emergere di qualcosa di nascosto, l’imprevisto. Ci illudono di poter controllare le cose. Il mio bisogno di chiudere la porta dell’armadio è il diretto discendente della mia paura infantile del buio. Tornano sempre uguali, anzi è fondamentale che siano sempre uguali perchè le ossessioni non amano la novità.
Anche i nostri sogni, le nostre ambizioni, le nostre aspirazioni tornano. Spesso sono uguali: le stesse di quando eravamo bambini. Eppure sono diverse perchè non hanno la chiusura dei comportamenti ossessivi. Anche i sogni però possono fare paura. Aprono spiragli su possibilità diverse di vita. Ci ricordano che dentro di noi c’è una parte che aspetta di vedersi ascoltata, realizzata. A volte usiamo le ossessioni per mettere il silenziatore ai sogni. E invece faremmo bene a prestar loro attenzione perchè sono un modo per penetrare nella nostra vita.
Dentro di noi c’è un narratore, un racconta storie che aspetta di raccontare la storia dei nostri sogni. Come in tutte le storie non tutto è vero, non tutto si realizzerà ma le storie nascono, prima di tutto, per essere ascoltate. Tanto più la storia dei nostri sogni rimane inascoltata e segreta, tanto più avremo bisogno di piccole e grandi ossessioni che mettano il silenziatore alla nostra verità.
Più a lungo manteniamo segreti, più a lungo non raccontiamo la nostra storia, più cresciamo attorno al dolore e più diventa difficile tirare il filo di ciò che ci sta davvero a cuore. La verità è che raccontare guarisce. Non basta farlo solo una volta perchè è un modo per filtrare il cuore dai detriti. Mark Nepo
Pratica di mindfulness: La meditazione della montagna
© Nicoletta Cinotti 2018 Il protocollo MBSR